Happy Hour #59: The Shrouds e il programma di Cannes 78
Ari Aster, Julia Ducournau, i fratelli Dardenne e Tom Cruise sulla Croisette, mentre è al cinema l'ultimo splendido film di David Cronenberg
Giovedì 10 aprile il delegato generale del Festival di Cannes Thierry Fremaux ha annunciato il programma della 78esima edizione del Festival di Cannes, che si terrà dal 13 al 24 maggio. Il Concorso, la sezione più prestigiosa di un festival che si articola in mille rivoli e di cui ancora attendiamo l’annuncio dei titoli che comporranno le sezioni parallele, ospita un mix insolito di sorprese (non molte, ma più del solito) e nomi più noti. Tra le prime annoveriamo sicuramente il film di Mascha Schilinski The sound of falling, Romeria di Carla Simon (seppure già vincitrice dell’Orso d’oro con Alcarras), Sirat di Oliver Laxe, La petit derniére di Hafsia Herzi e Renoir di Chie Hayakawa, mentre non fanno notizia i nuovi film di Kelly Reichardt (Mastermind), beniamina dei Cahiers du Cinema, di Wes Anderson (The Phoenician Scheme), di Sergei Loznitsa (Du procureur) e soprattutto dei Fratelli Dardenne (Les jeune méres). Il prolificissimo Richard Linklater, già in concorso quest’anno a Berlino con Blue Moon, si presenta con Nouvelle Vague, film sulla realizzazione del capolavoro di Jean-Luc Godard Fino all’ultimo respiro, mentre ritorna in concorso con l’atteso Alpha anche Julia Ducournau, vincitrice della Palma d’oro con Titane nel 2021. Sarà una prima volta quella di Ari Aster, che presenta Eddington (nell’immagine), film dall’ambientazione western con protagonisti Joaquin Phoenix, Pedro Pascal ed Emma Stone.
Un solo titolo italiano in Concorso, Fuori di Mario Martone (nell’immagine qui sotto), mentre nella sezione Un Certain Regard (dedicata, almeno teoricamente, a un cinema più giovane e di ricerca) troviamo Testa o croce? di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis e La città di pianura di Francesco Sossai. La quota glamour hollywoodiana, oltre che dai film di Wes Anderson e Ari Aster, è assicurata dall’ultimo capitolo di Mission Impossible, presentato Fuori Concorso alla presenza di Tom Cruise, e dal nuovo film di Spike Lee Highest 2 Lowest, remake del grandissimo film di Kurosawa Anatomia di un rapimento (il cui titolo in inglese è High and Low). Inaspettatamente “relegati” in una sezione laterale, Cannes Premiére, i nuovi film di Kirill Serebrennikov (The Disappearance of Joseph Mengele), un habitué della Croisette, e di Sebastian Lelio (La Ola), mentre pare sia stato addirittura rifiutato Father, Mother, Sister, Brother, il ritorno alla regia di Jim Jarmusch (con Cate Blanchette e Adam Driver nel cast) a sei anni da I morti non muoiono…probabilmente lo troveremo a Venezia. Nei prossimi giorni verranno annunciate alcune aggiunte al programma. Seguiamo interessati, in quanto Happy Hour seguirà il Festival di Cannes dalla Croisette per la sua intera durata con dei numeri quotidiani: notizia che rende chi scrive molto felice e che condivido con piacere con le lettrici e i lettori di questa newsletter.
All’ultimo grande film di David Cronenberg, The Shrouds, di cui avevamo già scritto brevemente da Cannes lo scorso anno, dedichiamo l’unica recensione di oggi. Happy Hour si prende una pausa di tre settimane e ritorna il 5 maggio, con un resoconto dal Far East Film Festival di Udine, una delle più importanti rassegni di cinema asiatico d’Europa, giunta alla ventisettesima edizione.
The Shrouds
di David Cronenberg
Un corpo morto è adagiato su un letto e avvolto nelle lenzuola nella soffitta di un’abitazione spoglia. Un uomo si avvicina al letto, osserva con interesse il cadavere, si rende conto che il morto altri non è che egli stesso e si adagia accanto al defunto, stringendolo in un abbraccio. Chi ha visto The Shrouds avrà notato più di qualche assonanza, ma il segmento appena riportato non è tratto dall’ultimo film del regista canadese, bensì dal cortometraggio del 2021 intitolato The Death of David Cronenberg (nell’immagine qui sotto). Il titolo di quest’opera di 57 secondi non lascia molti dubbi: l’ultima parte della carriera di Cronenberg, costituita da Crimes of the Future del 2022 (omonimo del suo film sperimentale del 1970) e appunto da The Shrouds, va interpretata come una parentesi post-mortem (che ci auguriamo continui il più a lungo possibile) della filmografia del regista.
In entrambi questi film, Cronenberg prova a immaginare un’ipotesi di futuro: in Crimes una serie di mutazioni biologiche ha portato alla scomparsa del dolore, in The Shrouds (più vicino alla nostra contemporaneità) Karsh (Vincent Cassel, truccato e acconciato in modo da somigliare il più possibile al regista), un imprenditore rimasto vedovo della moglie Becca (Diane Kruger), inventa una tecnologia in grado di permettere ai vivi di osservare in tempo reale i propri cari estinti decomporsi all'interno delle loro bare, grazie a degli innovativi sudari tecnologici dotati di microcamere ad altissima definizione. In entrambi questi film, Cronenberg sembra inoltre interrogarsi sul futuro del body horror, genere da lui di fatto inventato: in Crimes of the Future alcuni individui subiscono la crescita incontrollata di nuovi organi di origine tumorale (organi che il protagonista rimuove in delle operazioni-esibizioni di fronte a un ampio pubblico), in The Shrouds Karsh assiste, grazie al sistema dei sudari, alla comparsa di alcune formazioni di natura organica sui resti della moglie, ormai in stato di decomposizione avanzata. Ma queste formazioni esistono davvero? Possiamo fidarci delle immagini che vediamo?
Se in eXistenZ (1999) la risposta di Cronenberg all’irrompere della realtà virtuale era una riaffermazione della centralità dei corpi, con tanto di joystick fatti di carne collegati direttamente alla spina dorsale dei protagonisti, in The Shrouds, in cui i corpi non ci sono più, Karsh deve accontentarsi delle loro immagini o delle loro repliche: da qui dunque la storia di amore con Terry, sorella gemella di Becca, o il rapporto con l’intelligenza artificiale Hunny, sempre con le sembianze della moglie, in una reiterazione al cubo di La donna che visse due volte. Il compito di traghettare Karsh dall’ossessione per le immagini del corpo di Becca al rapporto carnale con Terry spetta alla salvifica Soo-min Zabo, che essendo priva della vista (come, tra le tantissime altre, Ida Lupino in Neve rossa di Nicholas Ray) si colloca in una posizione diametralmente opposta a quella del protagonista.
In un mondo in cui il complottismo è l(‘unic)a lente distorta attraverso cui analizzare la realtà, oltre che un filtro forse necessario per mettere distanza da una materia incandescente di ispirazione dichiaratamente autobiografica (Cronenberg ha perso la moglie Carolyn Zeifman nel 2017 dopo quasi quarant’anni di matrimonio), la trama di The Shrouds si arrovella in un delirio pynchoniano che vede coinvolti dottori cinesi, imprenditori ungheresi in fin di vita e agguerriti ambientalisti islandesi. Il body horror, che in Crimes of the Future assurgeva (o era ridotto a) installazione artistica in un mondo alla deriva popolato da un’umanità definitivamente sconfitta, in The Shrouds sembra non avere più spazio se non nei sogni/incubi di Karsh, schiacciato da immagini false e falsificabili che nemmeno il protagonista/regista è più in grado di distinguere. E dopo un finale sospeso che lascia più domande che risposte, viene da chiedersi se il vero finale di The Shrouds non sia in realtà poco dopo l’inizio del film, quando Karsh, solo nella lounge del suo cimitero avvenieristico appena saccheggiato dai vandali, si avvolge in uno dei sudari da lui brevettati, in un macabro cupio dissolvi.