Happy Hour Speciale Venezia81 #9: Joker e Riccardo Schicchi
Uno dei film più attesi arriva in Concorso, insieme all'opera seconda di Steigerwalt con Pietro Castellitto
In una delle interviste più assurde dell’estate, il Ministro Sangiuliano (anche se, stando alle ultime notizie, non giurerei sul fatto che sarà ancora ministro quando leggerete queste righe) ha dichiarato di stare collezionando gaffe e sfondoni dei giornalisti italiani, per poi raccoglierli in un libro di prossima pubblicazione. Possiamo solo immaginare la guerra a suon di cifre a sei zeri delle case editrici per assicurarsi la prossima opera del Ministro, visto il successo dei suoi ultimi bestseller, di cui ricordiamo qualche titolo per i pochissimi e le pochissime di voi che non li avessero già consumati sotto l’ombrellone: Putin, vita di uno zar, oppure Trump, un presidente contro tutti, o ancora Quarto Reich, come la Germania ha sottomesso l’Europa. Fatto sta che, nello svelare qualche anticipazione del suo nuovo scala-classifiche, Sangiuliano ha citato una gaffe di Paolo Mereghetti, che ha presentato il film Diva Futura (seconda recensione di oggi) come un film su Gianni Schicchi. Ovviamente, il protagonista del film è l’altro famoso Schicchi, Riccardo, patron dell’agenzia che dà il titolo al film sotto la cui egida hanno lavorato le più famose pornostar degli anni ‘90. La prima recensione è invece dedicata a Joker: Folié à deux, con Joaquin Phoenix e Lady Gaga (sotto una foto dal red carpet), sequel di quel Joker che nel 2019 aveva inaspettatamente vinto il Leone d’oro (il regista è lo stesso, Todd Phillips).
L’altro film in Concorso presentato oggi è il dramma francese Jouer avec le feu delle sorelle Coulin, storia di un padre vedovo (Vincent Lindon, monumentale come sempre, nell’immagine qua sotto) che vede il figlio maggiore avvicinarsi al mondo dell’estrema destra, in un piccolo paese della Francia lontano da Parigi. Pur appoggiandosi su interpretazioni di livello e azzeccando un paio di scene intime (su tutte quella in cui padre e figlio si uniscono in un ballo nel giardino di casa), il film resta impantanato in uno schematismo di fondo che non permette di cogliere la complessità del fenomeno, né tantomeno le sue contraddizioni. Qualcuno scriverebbe “un grande Lindon per un piccolo film”… ma non ditelo a Gianni Amelio.
Joker: Folié à Deux
di Todd Phillips
Processo a Joker: dopo gli omicidi del primo film, Arthur Fleck deve affrontare il procedimento giudiziario a suo carico, in cui il procuratore Harvey Dent chiede la massima pena. Nel frattempo, nel carcere di Arkham, a una lezione di canto Arthur conosce Lee Quinzel, che ha tentato di bruciare la casa dei suoi genitori, con cui sogna una fuga. È tutto mentale il “musical” imbastito da Todd Phillips, parentesi colorata incastonata in un procedurale grigio e serissimo che cerca di separare la persona e il personaggio, Arthur Fleck e Joker, ma anche il blockbuster e il film d’autore, il cinecomic e il film da festival, un sequel che vuole stupire e divertire (“That’s entertainment” da Spettacolo di varietà imperversa in colonna sonora) dal suo cupo predecessore “che ha cambiato il mondo” (Gianni Canova dixit). Un processo disperato che si disperde nel già visto (perché tutta quella insistenza sulle testimonianze?), e di cui la sensazione è che conoscessimo già il verdetto: colpevole.
Diva Futura
di Giulia Louise Steigerwalt
Smarrite semplicità e compattezza del buon esordio Settembre, Steigerwalt decide di raccontare la biografia di Riccardo Schicchi (Pietro Castellitto, più a suo agio nel registro comico che nel tragico) e delle quattro donne che gli ruotano intorno (Moana, Ilona, Eva e la segretaria Debora) diluita in un arco di trent'anni, con un andirivieni temporale degno di Christopher Nolan. Steigerwalt, che apre e chiude il film con un funerale, non vuole tralasciare nulla: la rivoluzione dei costumi, le stravaganze (23 gatti, 32 conigli, un pitone), l’agenzia Diva Futura, il rapporto con la moglie Eva Henger, i guai economici e legali, la malattia, insomma, tutto Schicchi, tranne il sesso (ed in un film con questo soggetto è una scelta abbastanza singolare). I personaggi di contorno mal tratteggiati e mal truccati (Eva è uguale a se stessa per tutto il film) e il ritratto che ne esce è fuori fuoco, oltre che vagamente moralista: per un uomo il cui motto era “noi non siamo immorali, siamo amorali” ci sembra un peccato gravissimo.