Happy Hour Speciale Venezia81 #7: Almodovar, Lav Diaz e Vermiglio
Uno dei favoriti della vigilia sbarca in Concorso con un film dolorosissimo, mentre Maura Delpero si conferma una voce nuova del cinema italiano
Appuntamento fisso quasi tutti gli anni al festival di Venezia, è arrivato anche quest'anno (fuori concorso) il nuovo film di Lav Diaz, Phantosmia: un ex sergente dei ranger filippini, che ha visto e perpetrato orrori indicibili per tutta la sua carriera, è afflitto da insopportabili allucinazioni olfattive ("fantosmia" è proprio il nome di questa condizione). L'incontro con una ragazza che la crudele madre adottiva fa prostituire per soldi cambierà le sorti dei protagonisti. Le quattro ore di Phantosmia (nemmeno troppe per gli standard oceanici del regista filippino), narrate col consueto stile fatto di lunghi piani sequenza a macchina fissa, sono un'occasione per fare i conti nuovamente con la Storia travagliata delle Filippine, filtrata da una vicenda semplice e universale, con echi fantastici (un gatto selvatico leggendario che tutti cercano ma nessuno riesce a catturare) che restano sempre suggestivamente fuori campo.
Le recensioni di oggi sono dedicate a due titoli in Concorso: Vermiglio di Maura Delpero e soprattutto a The Room Next Door, primo lungometraggio in lingua inglese di Pedro Almodovar. In quarant'anni di carriera lo spagnolo, che ha vinto anche l'Oscar al miglior film straniero (per Parla con Lei, nel 2004) , non ha mai conquistato l'alloro più pregiato in un grande festival: che sia questa la volta buona?
The Room Next Door
di Pedro Almodovar
Ingrid (Julianne Moore), scrittrice, ritrova dopo anni la sua vecchia amica Martha (Tilda Swinton), fotografa di guerra malata terminale di tumore che decide di porre fine alla sua vita alle sue condizioni, chiedendo all’amica di starle vicino in questo ultimo atto della sua esistenza. È piena di storie e di digressioni la prima parte di The Room Next Door, ogni parentesi un altro film che Almodovar avrebbe potuto girare e non ha girato, ogni racconto un’ipotesi, una fuga dell’immaginazione alle soglie della (fine della) vita, che come il cinema è ridotta a possibilità irrealizzata, ricordo ormai sfumato di un passato irripetibile (“Ti ricordi quando bevevamo, ci drogavamo e facevamo l'amore tutta la notte?”) in un impossibile reenactment di Persona, sessanta anni dopo. E poi c’è la fine, una porta chiusa, la morte prima inconcepibile e poi affrontata come fosse un’ultima guerra. È straziante senza essere ricattatorio, l’ultimo film di Pedro Almodovar, perfetto nelle scenografie, equilibratissimo nello stile e al contempo strabordante di rammarico e senso della perdita. C'è una forza incontenibile però che, nonostante tutto, fa vibrare di vitale energia The Room Next Door, prima e addirittura dopo la morte: Tilda Swinton, una delle più grandi attrici viventi.
Vermiglio
di Maura Delpero
A Vermiglio, sul finire della seconda guerra mondiale (ma non è sicuramente il dato storico il cuore del film), le stagioni si susseguono in povertà al ritmo disteso della vita contadina, con la neve che va e viene dai monti che circondano il paese. Le figlie e i figli (ma è sempre sulle sorelle che si posa lo sguardo di Delpero, siano esse spirituali come in Maternal o di sangue come in questo film) del severo maestro della scuola di paese si trovano ad affrontare le difficoltà legate alla crescita, alla scoperta della propria sessualità in un mondo fortemente religioso (e dunque sessuofobico), all’amore con un soldato siciliano inviso ai locali e all'impossibilità di proseguire gli studi in un contesto povero in cui ogni famiglia può permettersi di fare studiare soltanto una figlia. C'è L’albero degli zoccoli di Olmi in filigrana, certo, ma nello sguardo di Delpero c’è decisamente meno nostalgia per un ambiente sì puro e inquadrato con rispetto (dei tempi della natura, ad esempio), ma al contempo segnato dal bigottismo patriarcale che incapsula le protagoniste in prigioni dalle quali non riescono ad evadere.