Happy Hour #5: Lanthimos convince tutti, dal Fuori Concorso le cose più interessanti
Mentre i bookmakers danno il greco favorito per il Leone d'Oro, Korine e Polanski spiazzano (ognuno a suo modo)
Nel giorno del Leone d’Oro alla Carriera a Tony Leung (in foto), attore hongkonghese protagonista di capolavori immortali come Hardboiled, Hong Kong Express e In the mood for love, vengono presentati Fuori Concorso due dei film più interessanti di questa edizione, ossia The Palace di Roman Polanski e Aggro Dr1ft di Harmony Korine, a ciascuno dei quali dedichiamo una recensione. Forse l’uso della parola “film” per il secondo di questi titoli non è corretta fino in fondo, stando alle parole del regista: “Non volevo fare esattamente un film. Volevo fare ciò che viene dopo un film. Volevo essere dentro il mondo. Un po’ come un videogame. Ma chi è che gioca?”
Per quanto riguarda il Concorso, Finalmente l’alba di Saverio Costanzo non sta convincendo nessuno, mentre ha convinto tutti Poor Things di Yorgos Lanthimos, in foto (si parla già addirittura di Leone), una liberissima rivisitazione al femminile del mito di Frankenstein, in cui una donna incinta morta suicida (Emma Stone) viene rianimata da uno scienziato chiamato God (Willem Dafoe) che, per salvarla, le sostituisce il cervello con quello del feto che aveva in grembo. Il film segue poi con toni grotteschi (più spinti in maniera decisa verso la comicità che ne La favorita) il bizzarro coming of age della donna, ribattezzata Bella, costretta a vivere con il cervello di un bambino in un corpo da adulta; la protagonista fa inizialmente esperienza del mondo mossa da impagabili appetiti sessuali (che le danno felicità immediata), per poi prenderne gradualmente coscienza riconoscendo le ingiustizie che lo abitano e cercando di prodigarsi per porvi rimedio. Il tutto avviene sotto la sguardo deformante della società patriarcale in cui Bella cresce (e qui i grandangoli esagerati e i fish-eye tipici dello stile del regista greco ne sono la perfetta resa iconografica) e sullo sfondo di un Europa steampunk ottocentesca che rappresenta (a parere di chi scrive) il vero capolavoro di Poor Things, tra arredi vittoriani e fondali coloratissimi e magnifici, tanto belli che a volte viene il dubbio (tutto personale) che non vadano oltre la mera funzione decorativa.
Aggro Dr1ft
di Harmony Korine
“The old world is no more. No more time. No more truth.” Parlano per sentenze i personaggi di Aggro Dr1ft, il post-film di Harmony Korine interamente girato con lenti a infrarossi (che danno l’effetto che vedete nell’immagine). Sono mossi solo da pulsioni sessuali o di morte, in una Miami perduta, post-tutto, il cui cielo è occupato a perdita d’occhio da un incubo con il volto di teschio. Il miglior killer del mondo (Jordi Molla) viene incaricato di uccidere un altro pericoloso assassino: non c’è vittoria possibile in Aggro Dr1ft, non c’è speranza, non c’è redenzione. L’uomo, il “vagabondo aggressivo”, è ridotto a istinto primordiale come i protagonisti di Trash Humpers, può solo andare avanti nel suo viaggio verso il cuore di tenebra, sottolineato dalla incessante musica degli AraabMuzik, già sapendo che per strada perderà anche se stesso, che il carnefice è vittima e la vittima è carnefice. Un’opera spiazzante, fuori da qualsiasi schema, che speriamo qualche distributore abbia il coraggio di mandare nelle sale.
The Palace
di Roman Polanski
Alla vigilia del capodanno dell’anno 2000 un gruppo di super-ricchi si riunisce per festeggiare in un lussuosissimo hotel sulle alpi svizzere; assomiglia al secondo atto di Triangle of Sadness l’incipit di The Palace, ma laddove Ostlund aveva voglia a tutti i costi di dimostrare un teorema, Polanski si abbandona invece ad una commedia divertita e divertente e solo apparentemente spensierata, piena di gag esilaranti (alcune delle quali coinvolgono un carinissimo pinguino) e con un cast cultissimo, in cui spicca un Mickey Rourke redivivo con parrucchino alla Donald Trump. Molti qui hanno bollato The Palace come un film fuori tempo e fuori luogo, un “divertissement” innocuo nel migliore dei casi e inutile, depresso e rabbioso nel peggiore, ma nelle ansie millenaristiche (il “millennium bug”) fanno capolino le tensioni del presente, come quando gli ospiti russi osservano incuriositi in tv il loro Presidente, Boris Eltsin, rassegnare le dimissioni e rimettere per tre mesi di transizione il mandato nelle mani di un giovane politico rampante: Vladimir Putin.